Saranno le influenze di Expo 2015, sarà che il padiglione di questo Paese è stata una delle scoperte più piacevoli della manifestazione, sarà che il “mal d’Africa”è sempre in agguato, insomma, sta di fatto che il Nonno Pasticciere è volato in Angola a scoprire i profumi e i sapori di questa terra.


Mettere lo zaino in spalla e partire ha sempre un effetto benefico 🙂

La cucina angolana ha subito forti influenze dalla cucina portoghese, per via del passato coloniale che ha legato i due stati. I portoghesi introdussero non solo alimenti, molte spezie e metodi di cottura della propria patria ma anche dalle altre colonie: molti piatti angolani, ad esempio, sono uguali o perlomeno simili ad alcuni piatti del Brasile.

Ad ogni modo, i cibi regionali e tradizionali sono piuttosto riconoscibili. Le tribù Buchiman, per citarne alcune, non hanno modificato le proprie abitudini per 1.000 anni e anche gli altri gruppi etnici hanno piatti propri.
La cucina angolese, in linea di massima, è piuttosto saporita ed aromatica. Gli ingredienti più utilizzati comprendono pesce, pollo, farina di manioca, ocra ed altri tipi di verdure.
I cibi della cucina africana sono principalmente a base di carboidrati e proteine: prevedono nelle preparazioni abbondanti quantità di verdure e pesce fresco o carne cucinati con spezie ed erbe aromatiche che conferiscono aromi e sapori decisi.

Il Nonno Pasticciere è rimasto un po’ deluso…da queste parti, il pasto principale è il pranzo, che viene consumato nell’intervallo di tempo che va dalle 12 fino alle 16.

I “menù” sono composti per la maggior parte da carne (soprattutto pollo, agnello o manzo) o pesce in umido, accompagnati da riso, ingera – una sottile sfoglia molle e tenera fatta con un cereale chiamato tef, funji  – una specie di polenta a base di farina di manioca, di mais, di miglio o il piri-piri, un tipo di peperoni originari del Brasile.


Ma il piatto forte di questa terra in cui si incontrano genuità, convivialità e ritualità è la muamba de galinha. La sua preparazione prevede la carne di gallina o pollo, olio di palma, il gombo, peperoncino, cipolla, zucca e aglio. Il pollo viene tagliato a pezzi e condito con sale, aglio e peperoncino peperoni, e poi cotto con la cipolla. Il piatto viene servito con il funji.


Funji e muteta, muamba e calulù, kizaka, muzongué e cabidela, tutti piatti i cui nomi provengono dalle lingue tradizionali parlate in Angola a fianco del portoghese, come l’umbundu, il kimbundu e il kikongo.

Calulù

Arriviamo ora alla voce del menù “preferita” dal Nonno: il dolce. Tra quelli degni di nota, il nostro mago di delizie, si è “appuntato” il Cocada Amarela, un budino a base di cocco, zucchero e tuorli d”uovo.


Un’ultima cosa: per i più coraggiosi ci sono da provare anche tanti diversi tipi di lombrichi, insetti e vermi, i catete, che fanno parte della cucina locale, fritti o ripassati in un sugo denso di pomodoro, sono ricchi di proteine e nutrienti…no, il Nonno non ha provato tutto ciò 😛

Fonte: www.travelingeast.com/angola-it/il-cibo-in-angola/

Una delle “cose” da prendere per la colazione è sicuramente questa novella di tradizione africana…iniziare la giornata con i racconti mette di buon umore 🙂

La giraffa vanitosa
Ai limiti di una grande foresta, in Africa, viveva tra gli altri animali una giraffa bellissima, agile e snella, più alta di qualunque altra. Sapendo di essere ammirata non solo dalle sue compagne ma da tutti gli animali era diventata superba e non aveva più rispetto per nessuno, né dava aiuto a chi glielo chiedeva. Anzi se ne andava in giro tutto il santo giorno per mostrare la sua bellezza agli uni e agli altri dicendo: – Guardatemi, io sono la più bella. –
Gli altri animali, stufi di udire le sue vanterie, la prendevano in giro, ma la giraffa vanitosa era troppo occupata a rimirarsi per dar loro retta. Un giorno la scimmia decise di darle una lezione. Si mise a blandirla con parole che accarezzavano le orecchie della giraffa: – Ma come sei bella! Ma come sei alta! La tua testa arriva dove nessuno altro animale può giungere… – E così dicendo, la condusse verso la palma della foresta.
Quando furono giunti là, la scimmia chiese alla giraffa di prendere i datteri che stavano in alto e che erano i più dolci. lì suo collo era lunghissimo, ma per quanto si sforzasse di allungarlo ancor di più, non riusciva a raggiungere il frutto. Allora la scimmia, con un balzo, saltò sul dorso della giraffa, poi sul collo e finalmente si issò sulla sua testa riuscendo ad afferrare il frutto desiderato. Una volta tornata a terra, la scimmia disse alla giraffa: – Vedi, cara mia, sei la più alta, la più bella, però non puoi vivere senza gli altri, non puoi fare a meno degli altri animali.
La giraffa imparò la lezione e da quel giorno cominciò a collaborare con gli altri animali e a rispettarli. (fonte-http://www.lefiabe.com/africane/giraffavanitosa.htm)

Al prossimo viaggio!

Eleonora Ciambellotti